L’hai notato anche tu? Entrare da Zara non è più come una volta.
I prezzi salgono, i tessuti sembrano più ricercati e la parola "sostenibilità" spunta sempre più spesso nelle campagne marketing. Una strategia chiara per posizionarsi più in alto, verso una clientela più raffinata e attenta.
Ma mentre il colosso spagnolo Inditex lucida l'immagine del suo gioiello, nell'ombra sta costruendo una macchina da guerra per competere direttamente con Shein. E lo fa con un marchio che molti non conoscono: Lefties.
Per darsi un'aura più premium, Inditex ha aumentato i prezzi di Zara.
Il risultato?
Il marchio è diventato meno competitivo per chi era abituato ad acquistare molto spendendo tutto sommato poco, puntando a un'immagine più "pulita" e quasi di lusso. Una mossa astuta, che sembra allontanarla dal vortice del fast fashion più sfrenato.
Mentre Zara si "ripulisce", Inditex scatena la sua arma segreta. Nato come un semplice outlet per smaltire le rimanenze di Zara, Lefties è oggi un brand a tutti gli effetti, pensato per la Generazione Z e progettato per essere l'anti-Shein.
La sua strategia è aggressiva e inequivocabile:
Prezzi stracciati: Jeans a 17,99 €, abiti a 7,99 €, borse a 5,99 €. Prezzi che urlano "usa e getta".
Marketing stile TikTok: Estetica ultra-pop, micro-influencer e una valanga di contenuti social per catturare l'attenzione dei più giovani.
Espansione globale: Lefties non è più un segreto. Sta aprendo megastore in 17 paesi, soprattutto in mercati emergenti (Messico, Arabia Saudita, Romania), esportando un modello di consumo iper-veloce.
Il Doppio Gioco: pulirsi la coscienza da una parte, sporcarsi le mani dall'altra
Ecco la vera strategia di Inditex, in tutta la sua cinica genialità:
Zara diventa "buona": Alza i prezzi, parla di sostenibilità e si rivolge a chi può permettersi di spendere di più (e di credere a una coscienza pulita).
Lefties diventa "cattiva": Si prende la fascia di mercato che Zara non vuole più, quella che cerca il prezzo più basso a ogni costo, combattendo ad armi pari con i giganti dell'ultra-fast fashion.
In pratica, Inditex gioca su due tavoli. Da un lato ci vende l'idea di una moda più responsabile, dall'altro alimenta il modello più insostenibile di tutti, basato su produzione incessante, sprechi e capi effimeri. È la globalizzazione del fast fashion 2.0, mascherata da strategia commerciale.
Non lasciamoci ingannare
Il messaggio implicito è preoccupante: la sostenibilità è un lusso per chi può permettersela. Per tutti gli altri, c'è un'alternativa ancora più economica e impattante, ma che finisce comunque nelle casse della stessa azienda.
La prossima volta che vedremo una campagna "sostenibile" di Zara, forse vale la pena chiedersi cosa sta succedendo, nello stesso momento, nei megastore di Lefties in giro per il mondo.....
Tutto questo per dirti che le alternative esistono …. è sono FIGHE e SOSTENIBILI 👇👇👇
1. MAISON STANDARDS (Francia)
Se cerchi un marchio che unisca stile pulito e zero fuffa, tieni d’occhio Maison Standards.
Produzione super-trasparente: il 91 % dei capi è cucito in Europa o nei Paesi del Mediterraneo, dentro laboratori certificati BSCI, SMETA, GOTS, OEKO-TEX, ISC e SA 8000.
Tag “Traçabilité” con QR code: da A/I 23-24 scansioni l’etichetta e vedi tutto: materie prime, laboratorio, persino il tipo di trasporto.
Répare & Care: nelle boutique trovi laboratori gratuiti dove ti insegnano a rammendare e allungano la vita ai tuoi capi.
Mon Jean a de la Valeur: dal 2020 raccolgono i tuoi vecchi jeans con “Le Relais”. Nel 2022 ne hanno recuperati 7 135: i migliori vengono donati o rivenduti, gli altri diventano isolante — evitando 107 tonnellate di CO₂.
Insomma, meno chiacchiere, più fatti (e cuciture che durano).
2.COLORFUL STANDARD (Danimarca)
Se ami i colori pieni e le forme essenziali, Colorful Standard , brand Danese, fa al caso tuo — tutto unisex, zero fronzoli, ma con la tavolozza di un arcobaleno.
Made in Portugal, sempre: produzione unica e trasparente sotto il sole atlantico.
Fibre top di gamma: solo cotone biologico GOTS e lana merino 100 % riciclata GRS.
Tintura intelligente: tingono dopo aver cucito il capo, così usano meno colorante e non finiscono con magazzini pieni di taglie sbagliate. Tutti i pigmenti sono OEKO-TEX e amici dell’ambiente.
Zero sprechi reali: taglio laser super-preciso, gli scarti di tessuto diventano imbottitura e il packaging è in carta FSC o riciclata.
Risultato: felpe e T-shirt che mettono allegria — senza mettere in crisi il pianeta.
Gaia Segattini Knotwear – filati di giacenza, futuro su misura…
Gaia Segattini Knotwear nasce nel 2019 con una visione chiara: dimostrare che un modo diverso di fare moda è possibile. Una moda responsabile, che mette al centro le persone, recupera materiali già esistenti e punta su qualità, trasparenza e sostenibilità economica.
Dal 2022 il brand è diventato una società benefit, integrando nel proprio statuto l’impegno verso un impatto positivo su ambiente, comunità e lavoratori.
Cosa rende davvero speciale Gaia Segattini Knotwear?
I capi sono progettati partendo dai filati di giacenza, cioè avanzi di produzione che altrimenti verrebbero sprecati.
È il materiale a ispirare il design, non il contrario.
Nessuna collezione stagionale, ma una selezione di pezzi iconici e continuativi, pensati per durare e per aiutare chi li acquista a costruire un guardaroba più consapevole.
Tutta la produzione avviene entro 70 km dalla sede, nelle Marche: una filiera cortissima che permette il pieno controllo su ogni fase e garantisce condizioni di lavoro eque, stabilite insieme ad artigiani e fornitori.
Non si impone nulla dall’alto, ma si decide insieme.
La community che negli anni si è creata intorno al brand è parte integrante del progetto: ascolto, dialogo e scambio continuo rendono ogni capo qualcosa che parla davvero a chi lo indossa. Un vestito pensato per durare, essere amato, condiviso, magari tramandato.
Una vera storia italiana di moda che ha scelto di rallentare — per fare meglio.
Mobile-bar di Ico & Luisa Parisi (anni ’50)
Hai presente quando la gente diceva «passa da me per un cordiale»? Negli anni ’50 la nuova borghesia italiana lo prendeva sul serio e, complici ottimismo e boom economico, trasformava i salotti in piccoli lounge bar.
Fra i pezzi più divertenti di quel periodo c’è questo mobile-bar firmato da Domenico “Ico” Parisi insieme alla moglie Luisa: un bancone in miniatura con retrobanco specchiato, ripiano in vetro (dove poggiare bicchieri e sogni), gambe in ferro sottili e pannelli di vetro colorato che gli danno un’aria quasi pop. Pensalo come l’evoluzione chic del carrellino portabottiglie delle nonne: stesso spirito conviviale, ma design da copertina.
Mi piace perché racconta un’Italia che credeva nel futuro — quella stessa Italia che un certo Ernesto Calindri, in Carosello, invitava a resistere «al logorìo della vita moderna» con un bicchierino di liquore al carciofo. E perché ci ricorda che la sostenibilità passa anche dal dare nuova vita a oggetti colmi di storia invece di comprarne di anonimi.
👉 Vuoi tuffarti in altre meraviglie di modernariato? Fai un salto su @modernario_it su Instagram: troverai questo pezzo e tante altre chicche che meritano un posto d’onore in salotto.
Se sei arrivatə fino in fondo, grazie di cuore 💚
Mi fa piacere sapere che ci sei, che leggi, che magari ti fai delle domande insieme a me.
Se ti va, commenta qui in basso, adoro scambiare idee, spunti, dubbi… anche veloci!
Ci sentiamo presto,
Giorgia.
Grazie Giorgia della menzione!!!
Il racconto su Zara mi ha lasciato senza parole, scoraggiata e delusa. Ma, poi, andando avanti nella lettura ho ripreso forze e speranza. Sono così belle queste aziende che fanno la differenza e la faranno sempre di più, perché il bene vince sempre, vero? O comunque, non muore mai, giusto?
Grazie, Giorgia